Daniel Berrigan e suo fratello Philip – Sacerdoti e militanti pacifisti
Il 30 aprile 2016 è morto, all’età di 94 anni, Daniel Berrigan, gesuita, poeta, militante nei movimenti pacifisti contro la guerra in Vietnam negli Stati Uniti degli anni ’60. Insieme al fratello Philip (1923-2002) – il quale, appartenente all’ordine giuseppino, abbandonò lo stato sacerdotale nel 1970 – fu animatore di grandi campagne antibelliche e perseguitato per anni dall’FBI.
In un saggio incluso in Debolezza di credere (1987; tr.it.2006) – Coscienza cristiana e coscienza politica: i Berrigan – Certeau ha tracciato un indimenticabile ritratto dei due fratelli, di cui riportiamo qualche brano:
“Il 9 ottobre del 1968 Daniel Berrigan è stato condannato a tre anni di prigione, per aver, il 17 maggio precedente, bruciato con il napalm delle cartoline di precetto trafugate dall’ufficio di reclutamento militare di Catonsville (Maryland). Egli aveva partecipato al colpo organizzato da suo fratello Philip, recidivo, e da sette altri amici. La sua pena sarebbe diventata effettiva il 9 aprile del 1970. A quella data, optò per la clandestinità. La polizia era sulle sue tracce. Egli si spostava in ambienti clandestini nascosti sotto la superficie dlla società americana. Poi, improvvisamente, faceva irruzione in una situazione pubblica: in una chiesa, durante un convegno, si spiegava. Quando i poliziotti arrivavano, era già scomparso.
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“L’uomo ricercato voleva essere il testimone della speranza. Non accettava l’emorragia del senso e la putrefazione delle ragioni per vivere. «Nuove forme di azione sono necessarie… Dobbiamo almeno provare…».
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Poeta conosciuto negli USA, professore alla Cornell University, prete cattolico, gesuita. Daniel Berrigan non aveva nulla del giovane esaltato. Aveva 50 anni. Una intransigente fedeltà alla sua fede e al suo sacerdozio, un’ampia formazione grazie ai numerosi viaggi all’estero, una vasta cultura religiosa e letteraria: niente di tutto ciò può fare di lui un teppista. Se, per la prima volta, ha violato positivamente la legge, è stato dopo molte esitazioni,e spinto da una preoccupazione centrale: «cercare strade nuove» che «aprano prospettive», permettano un «risveglio» dalla vita assopita o alienata in un sistema, compiere così «opera poetica» e «lottare per una nascita» attraverso una poetica della coscienza americana.
Suo fratello Philip, di due anni più giovane, religioso giuseppino, prete cattolico, anche lui condannato alla prigione per aver commesso, e d’altra parte ispirato, la stessa «azione simbolica» di Catonsville, ha intrapreso lo stesso «compito erculeo».
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«Per me – scrive Philip – e Daniel dice altrettanto – , la prigione è stata una situazione interamente volontaria, una delle conseguenze prevedibili di un dissenso politico serio. Ciò non significa che abbia scelto o preferito la prigione, ma solo che ho considerato la disobbedienza civile come un dovere cristiano e accettato la prigione come una conseguenza».
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I Berrigan non sono dei marginali, dei Neri, dei Chicanos, dei miserabili, insomma gente che non muove affatto la coscienza americana, troppo competitiva per essere sorpresa o toccata dalla protesta dei «vinti» del proprio mondo. Essi sono invece dei pari, dei reputable men, religiosi appartenenti a ordini che hanno un posto e un potere nella società. Con ciò essi mettono in causa, pubblicamente, «l’identificazione automatica del cattolicesimo con lo statu quo, la sua alleanza con le cause patriottiche dominanti, la sua ambizione di farsi accettare». (…) E questo in nome di una irriducibilità della coscienza – animata, dicono dalla «passione morale». Il titolo di un film su Daniel Berrigan lo dice con una espressione esplosiva: «Il santo fuorilegge».
Come poeta e come cristiano, Berrigan segue piuttosto la traiettoria di Rimbaud, «lavorare ad una creazione», «dare uno spazio in cui respirare»; non lo possono fare né le parole né le proteste verbali. Smettendo di vedere e di sapere senza cambiare nulla, troveremo infine la strada dell’agire? Questa è la sua domanda.
Daniel Berrigan sa anche che c’è, in un certo senso, una secolarizzazione del martirio. Egli ha riflettuto molto su Bonhoeffer.
«I gesuiti del XVI e XVII secolo hanno condotto una vita segreta in Inghilterra per difendere l’unità della Chiesa… Non posso pensarmi come un prete gesuita che muore per l’Eucarestia, se non in un modo totalmente nuovo, nel senso che l’Eucarestia implicherà che l’uomo è un valore, che non si può né uccidere, né degradare, né violare la vita umana, e che non si può essere razzisti.»
[le parole e frasi virgolettate « » sono di Berrigan]
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