In memoria del 30° anniversario della morte di Michel de Certeau

Michel de Certeau è scomparso il 9 gennaio 1986. Lo ricordiamo con alcune citazioni dai suoi scritti:

“Accettare la presenza reale dell’immigrato significa, in realtà, aprirgli un libero spazio di parola e di manifestazione in cui la sua cultura si offra alla conoscenza; vuol dire smettere di prendere in giro o disprezzare i segni della sua differenza, ma cercare di ritrovarvi una base di umanità, una creazione specifica. […]

“Non dobbiamo decidere al posto loro. Non dobbiamo spingerci fino a imporre loro di conservare una volta per tutte, nei nostri confronti, il grado massimo di differenza: si tratterebbe di una forma appena mascherata di rifiuto della loro presenza e della loro libertà, un modo fittizio di rispettarli chiudendoli nell’immobilità di un ghetto culturale e sociale. Non dobbiamo nemmeno obbligarli a entrare nello stampo dei nostri conformismi, imporre loro di imitarci in tutto: sarebbe negare il valore della loro eredità e della loro alterità. Dobbiamo soltanto inventare assieme a loro una “cultura al plurale”, offrire loro una pluralità di percorsi misti, diversi, mutevoli, costantemente riadattati. La varietà di questi percorsi, la diversità dei prestiti e dei collage suscitati da tale pluralità, i meticciati culturali che metterà in atto, avranno effetti benefici. Arricchiranno la nostra cultura: un paese con una popolazione sempre più vecchia è tentato dal ripiegarsi, come intirizzito, su se stesso e sulle proprie certezze.”

“I “valori” svuotati, ai quali non si crede più, diventeranno una retorica, divisa di apparato per una solidarietà (o una complicità?) tra interessi particolari. Le grandi parole come “libertà”, “nazione” o “democrazia” finiranno per nascondere unicamente il cadavere di ciò che designavano. O, meglio, finiranno per funzionare come un linguaggio figuratoper un’altra cosa, che ognuno comprenderà assai bene e sulla quale ci si intenderà da lì in poi: “Arricchiamoci”. Questo nuovo accordo avrà come vocabolario l’automobile, il frigorifero, la televisione, cioè tutti i “segni” dell’arricchimento privato.”

[Da “Proposte”, in : “La presa della parola e altri scritti politici”, (1983) , pp.184 e 185 e “Autorità cristiane e strutture sociali” in : “Debolezza del credere” (1987), p. 73]

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