Lo studio della mistica in Michel de Certeau e in Simone Weil. Un breve confronto

Una domenica a Roma, presso la chiesa di San Lorenzo in Lucina, partecipai a un percorso di riflessione intitolato, Sradicamento e radicamento della società contemporanea nel pensiero di Simone Weil (1909-1943). Un’iniziativa è patrocinata dall’Associazione Amici della Familia Christi e diretta dal prof. Fausto Gianfreda che ricordiamo anche per un passato intervento a proposito de Lo straniero o l’unione nella differenza (vedi nel sito l’articolo Eventi precedenti l’anno 2013). Leggendo recentemente gli studi che il prof. Gianfreda ha dedicato a  Simone Weil – oltre ad alcuni articoli apparsi sulla rivista Studium, sono degni di menzione Logos alogos e Il graal di Simone Weil entrambi editi da Pazzini – a prima vista, sembra esserci molta distanza dal pensiero, o meglio, dal modo di procedere del pensiero dei due autori.

Alcune considerazioni di partenza: quando Weil muore, nel 1943, Certeau ha compiuto da alcuni mesi 18 anni; non è affatto improbabile che Certeau abbia conosciuto e letto le opere di Weil ma certo non ci sono tracce evidenti né citazioni esplicite nelle opere del nostro. Weil compie un percorso filosofico e teologico mentre Certeau, pur partendo da questo ambito, lo usa come matrice che viene indirizzata verso l’approccio alle scienze umane. Il percorso biografico di Weil è segnato da esperienze diverse che vanno dal suo impegno sindacale, al mestiere di insegnante nei licei fino all’impegno come volontaria in Spagna durante la guerra civile e alla lotta per i diritti umani; per quanto riguarda le sue attività Certeau conserva un percorso più omogeneo, a contatto, seppur in modo per lo più marginale, con le istituzioni universitarie e i centri di studio. Eppure, in quel rapporto profondo, spirituale e biografico che intraprendono con la mistica, per Weil a partire dal suo incontro con il cristianesimo e il suo singolare itinerario di conversione, per Certeau a partire dai suoi primi studi accademici – ricordando le sue ricerche sui primi gesuiti, il Favre e soprattutto il Surin – si possono scorgere connessioni feconde e che meriterebbero un loro proprio approfondimento. Per entrambi infatti la mistica non è solamente il canale di un’autentica e plausibile esperienza di Dio, ma è anche il modus legendi essenziale per comprendere il mondo, nei suoi aspetti etico-metafisici per Weil – per lei la mistica è “la regina delle conoscenze” – e in quelli socio-antropologici per Certeau.  Entrambi vivono, per decisione propria, un rapporto di marginalità con la Chiesa, l’istituzione religiosa che raccoglie l’esperienza della mistica e a cui fanno principalmente riferimento (è vero che per Weil è visibile un approccio più ampio anche alle tradizioni orientali). Certeau vi rimane dentro come gesuita e sacerdote tuttavia staccandosi fisicamente dalla comunità di appartenza, Weil stando tutta la vita “sulla soglia” dell’ingresso rappresentato dal battesimo, in una travagliata ricerca della verità. Tuttavia, sarebbe certamente da confrontare questo indugiare “sulla soglia” con quello descritto da Certeau nelle prime pagine di Fabula mistica, sempre a proposito del suo rapporto con le pagine dei mistici. Infine, non da ultimo, è la loro attenzione, formulata in modi diversi, per il mondo degli oppressi e dei sofferenti. Dalla matta del monastero di Fabula mistica all’uomo comune de L’invenzione del quotidiano per Certeau – tanti per citare i più famosi tra gli innumerevoli esempi – fino alla magistrale meditazione weiliana sulla forza – ben descritta nelle pagine di Gianfreda in Logos alogos – e agli impegni esistenziali assunti da Weil si mostra come il contagioso desiderio dei mistici abbia reso prossimi tra loro i profili di questi due autori.

Edoardo Prandi
decerteau1“Come la sfinge di un tempo, la mistica resta il crocevia di un enigma: lo situa senza classificarlo. Nonostante le differenze tra civilizzazioni, si operano incroci che, in Occidente, accordano alle tradizioni induiste o buddhiste un prestigio spirituale ed inOriente, estendono seduzioni ebraiche e cristiane mediante le loro metamorfosi marxiste. Resta, tuttavia, qualcosa di irriducibile su cui la ragione stessa prende appoggio, di cui essa demistifica i fenomeni spostando altrove i miti, ma di cui essa non libera una società. Forse, tra l’esotismo e l’«essenziale», i rapporti non saranno mai socialmente chiarificati. Ed è la sfida o il rischio del mistico quello di condurli a quella «nettezza» che Caterina da Siena riteneva segno ultimo dello spirito.”

simone weil1“Nei miei ragionamenti sull’insolubilità del problema di Dio non avevo previsto la possibilità di questo: un contatto reale, da persona a persona, quaggiù, fra un essere umano e Dio. Avevo vagamente sentito parlare di cose simili ma non vi avevo mai creduto. […] Non avevo mail letto i mistici, perché mai avevo avvertito qualcosa che mi ordinasse di leggerli. […] Dio mi aveva misericordiosamente impedito di leggere i mistici, affinché mi risultasse evidente che quel contatto assolutamente inatteso non era opera mia. Nondimeno ho ancora rifiutato a metà, non il mio amore, bensì la mia intelligenza. Perché mi appariva certo, e lo credo tuttora, che è lecito resistere a Dio se lo si fa per puro amore della verità, perché prima di essere il Cristo è la verità. Se ci si distoglie da lui per volgersi alla verità, non si percorrerà molta strada senza cadere tra le sue braccia.”

 

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