Per Parigi in lutto

L’immenso odio cieco che ha provocato le uccisioni atroci di tanti uomini e donne a Parigi nella notte del 13 novembre 2015 nasce da un’altrettanto abnorme cecità nei confronti di tutto ciò che appare differente rispetto a una monolitica e omogenea visione di umano in quanto identico. Vogliamo commemorare quelle morti riportando alcune frasi scritte da Michel de Certeau per esaltare le differenze.

Ciò che è differente ci minaccia. Perciò facciamo di tutto per cancellarne le tracce. Gli altri, la morte, Dio: tutto ciò che designa una rottura dev’essere sfumato. Per essere identici a noi stessi, ci è necessario ricondurre a noi e ridurre a somiglianza ogni dissomiglianza.

Reazioni a catena tendono a camuffare l’alterità man mano che questa emerge nel campo dell’esperienza.

Alle rimozioni che escludono dalla comunicazione le tensioni tra uomini o all’interno dell’uomo (e che, per ciò stesso, scalzano il fondamento di ogni riconoscimento reciproco), all’immediatismo che sollecita la riconciliazione ma rifiuta di accettarne le condizioni e i rischi, alle concordie a basso prezzo che, eludendo le difficoltà, non si accontentano di annullare la fede ma la annacquano in buoni sentimenti, bisogna opporre risolutamente un’apologia della differenza.

[…]

L’omogeneità è sempre e soltanto un’utopia. […] Certo, là dove non c’è unione, la differenza è inerte; essa non è più il fermento del senso. Ma l’unione diventa sterile e insignificante, se non rinasce più dalla differenza che la mette in questione.

da Apologia della differenza (1968)

 

[…] ciascuno di noi non può vivere senza ciò che ignoriamo, senza un al-di-là di noi stessi che noi non conosciamo più, o non ancora, o che non conosceremo mai. Nell’itinerario o nell’incoerenza di ogni esperienza personale, ogni istante di verità – esperienza affettiva, delucidazione intellettuale, incontro con qualcuno – perderebbe il suo significato se non fosse ricollegato ad altri e in definitiva all’Altro. Non ha senso se non nella misura in cui è inconcepibile senza altri momenti, senza altri incontri.

da L’esperienza spirituale (1970)

 

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