Recensione di Michel de Certeau a: Elias Canetti, Masse et puissance
Quest’opera enorme, molteplice, nutrita di curiosità e di letture che hanno qualcosa di pantagruelico, bisogna leggerla come un racconto di viaggio o un diario di bordo. Bisogna lasciarsi trasportare da questo fiume che trascina i ricordi e le riflessioni di una lunga avventura attraverso i libri e i paesi d’Europa. Eppure il racconto è uniforme: una stessa attenzione affascinata scruta dappertutto l’irrazionale collettivo che cova nel fondo dell’uomo. Di questa esplorazione tentennante e ostinata, già sono rivelatrici varie formule esplosive e spesso contraddittorie che, al pari dei riflessi rossastri sulla superficie di un «vulcano proibito», non mancano di impennare e di agitare lo stile dell’autore. Sono solo un segno di quello che egli vuole mostrare.
Una passione di sopravvivere, dice, abita le profondità da cui sorgono le violenze della massa. Riconoscibile dappertutto, forza terribile e oscura, la paura muove anche il potere; diventa il suo vizio, nella misura in cui il capo si difende dandosi i mezzi per sopravvivere agli altri e tradisce la propria paura di comandare neutralizzando o mettendo alla prova quelli che gli sono sottoposti: “La morte, quando serve da minaccia, è la moneta del potere.
Incoerente quanto estesa, l’erudizione dell’autore apre delle prospettive originali (cfr. “i simboli della massa”; “il segreto”;“il volto e la maschera”, ecc.). Meno sicura in psicologia che in antropologia l’analisi, (peraltro molto interessante, del celebre caso del presidente Schreber), veicola i giudizi spericolati, spesso suggestivi, spesso frettolosi, dell’autore. A dire il vero, siamo di fronte al linguaggio di un visionario. Una sociologia del panico qui diventa un poema, che pullula di tutte le maniere in cui insorge la paura, di tutte quelle forme ambigue, patologiche e sociali, riconosciute o rifiutate, che attestano in noi una lotta notturna contro la morte. Nel momento in cui, nella stessa collana “Scienze umane”, Michel Foucault proclama la fine dell’uomo all’orizzonte della scienza, il libro di Canetti ripete, con tutto il bagaglio di una storia pesante, l’irriducibile rivolta di quel “sopravvissuto” che l’uomo è sempre, ma un sopravvissuto che non può volersi unico senza perdersi nella follia del potente o del paranoico.
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