Oggi, 100 anni dalla nascita di Michel de Certeau, l’uomo, l’intellettuale, il ricercatore, il pensiero a cui è dedicato questo sito che dal 2007 continua il suo cammino di promozione e informazione sulla sua opera, in Italia e altrove.
Proprio ora, mentre ascolto la presentazione della pubblicazione degli interventi del convegno “Dancing with the absence. Rethinking theology with Michel de Certeau” promossa dall’Università di Vienna – moderatore Andreas Telser (Univ. Vienna) e interlocutore John McCarthy (Univ. Loyola di Chicago) – rifletto sull’attualità delle pagine di questo gesuita che ha accolto per sé un processo personale di incarnazione del suo secolo, il ‘900, per coglierne una speranza intellegibile. La scrittura di Certeau non è un’esposizione asettica della realtà, è un impegno, un lavoro di ascesi ospitale nei confronti dell’altro non tanto per portarlo dentro una propria griglia speculativa quanto piuttosto per riconoscerne la dignità singolare, per cui vale la pena sfidare i paradigmi scientifici e metterli alla prova. Talvolta ho sentito dire che lui sia un autore sfuggente, e a tratti può sembrarlo a una lettura prematura. Ma direi che per lui si tratta più che altro di una presa a carico della complessità del reale, forse quel “senso di complessità” di cui parlava papa Francesco in una lettera al Corriere della sera per citare uno strumento necessario alla risoluzione dei conflitti attuali. Oggi Certeau resta e continua ad essere una lettura raccomandabile per l’esercizio che impone di riconoscere proprio questa complessità dell’altro, atto che ne permette una conoscenza profonda, dinamica, evolutiva. Una conoscenza che faccia camminare, piuttosto che fermare. Oggi queste pagine restano attuali perché educano a resistere alle generalizzazioni, lasciandoci il tempo e la bellezza della novità unica di ogni cosa che possiamo studiare e seguire. E, ancora, leggere Certeau educa a non rimuovere il negativo, a pazientare di fronte a quanto di scabroso può essere scoperto perché anch’esso trovi non solo e non tanto un suo posto – come fissare ciò che non è andato? – ma per restituirgli la sua storia e riaprire le vie. Ancora una volta, infine, con gratitudine verso tutte le persone con le quali ho continuato anch’io un piccolo viaggio.
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